La risurrezione di Cristo ci “costringe” a vivere non più per noi stessi.
2Mac 7, 1-2.9-14; 2Ts 2, 16-3, 5; Lc 20, 27-38
Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.
La liturgia della Parola, questa domenica, ci introduce e accompagna nel mistero della risurrezione. La domanda profonda dell’uomo sulla morte e su cosa ci sia dopo, trova risposta nel Vangelo: il Dio che conosciamo in Cristo, morto e risorto, è il Dio dei vivi.
Al tempo di Gesù, era piuttosto comune credere nella risurrezione; infatti, questa, costituiva anche il patrimonio imprescindibile del popolo ebraico. Solo un gruppo, i Sadducei, i quali non riconoscevano alcuni libri della Bibbia come ispirati da Dio, la rifiutavano; questi, dunque, affrontarono Gesù su questo argomento provocandolo, intenti a scatenare una diatriba “teologica”. Gesù pur non rispondendo direttamente alle loro domande, affermò chiaramente la risurrezione, la prospettiva concreta della vita dopo la morte e proclamò che il Dio di Mosè e dei patriarchi è il Dio dei vivi e non dei morti. Gesù, inoltre, non soltanto afferma la risurrezione dei giusti nell’ultimo giorno, ma inaugura anche il suo mistero stesso, come già manifestato riportando alla vita la figlia di Giàiro, il figlio della vedova di Nain e Lazzaro, fratello di Marta e Maria. E, quest’ultima, come sappiamo, avvenne pochi istanti dopo l’affermazione che le sue non erano solo parole, ma una grande verità annunciata da Dio: «lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25).
Il nucleo fondante della fede cristiana, tuttavia, intorno al quale ruota tutta l’esistenza di ogni fedele battezzato, è la risurrezione di Gesù. Dopo la sua passione, morte e sepoltura, i discepoli attraversano un momento di sconforto, timore e, perché no, di vergona. Ma dopo l’incontro con Gesù nel cenacolo, riconoscendolo come risorto, ancora vivo, immediatamente si “trasfigurano”, riacquistano vitalità, quasi come se fossero loro i risorti; intraprendono un’avventura stupenda che porterà alla costituzione della prima comunità cristiana, dedicandosi poi, ad una missione il cui carisma diverrà l’annuncio del kerygma. La salvezza è proprio questa: Gesù è risuscitato per primo, dopo di lui anche noi risorgeremo, vinceremo la morte e vivremo con lui per sempre nella casa del Padre.
Da allora sono trascorsi più di duemila anni, ma la risurrezione di Gesù unita alla nostra, rimane sempre la “perla preziosa” della fede: dirige tutta l’attività cristiana e le dà sostanza. Lo stesso Paolo è consapevole di questa grande verità e l’annuncia con forza: «Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose del cielo, dove Cristo regna accanto a Dio. Pensate alle cose del cielo e non a quelle di questo mondo. E quando Cristo, che è la vostra vita, sarà visibile a tutti, allora si vedrà anche la nostra gloria, insieme con la sua. Ormai siete uomini nuovi. Ora siete il popolo di Dio. Egli vi ha scelti e vi ama. Perciò abbiate sentimenti nuovi: di umiltà, di pazienza e di dolcezza. Al di sopra di tutto ci sia sempre l’amore. E la pace, che è dono di Cristo, sia sempre nel vostro cuore» (Col 3).
Giuseppe Gravante