di: Claudio Dalla Zuanna
Claudio Dalla Zuanna, dehoniano arcivescovo di Beira (Mozambico), in un dialogo nella nostra redazione (3 febbraio) ha ripercorso il passaggio di papa Francesco nella Chiesa e nel paese.
Nel racconto sono emersi i principali problemi di ordine politico, sociale ed ecclesiastico presenti nel paese africano.
Nella sua visita in Mozambico (4-6 settembre 2019), il papa è stato accolto benissimo con grande partecipazione della gente; ma le diocesi del centro-nord sono distanti circa 2.000 km dalla capitale, con grosse difficoltà di trasporto, e quindi pochissima gente al di fuori della capitale ha potuto partecipare.
La visita è stata comunque una buona cosa. In particolare, nei suoi messaggi e incontri si è rivolto alle autorità, nell’incontro con i rappresentanti politici del paese e il corpo diplomatico; alla Chiesa, incontrando vescovi, preti e catechisti; e ai giovani, in un incontro a loro riservato.
Nel discorso rivolto alle autorità ha fatto intendere di conoscere bene la situazione del paese e ha toccato i punti nevralgici della situazione in Mozambico. Non è stato quindi un discorso particolarmente gradito dagli ambienti governativi.
Il discorso alla Chiesa – a mio avviso – il papa è stato più generico, meno legato alla realtà locale. Da notare il fatto che, come vescovi, non abbiamo avuto un incontro col papa. Probabilmente questo è il frutto della politica e della volontà dei governi che vogliono relazionarsi direttamente con l’autorità massima senza passare attraverso i livelli intermedi – come può essere quello della Conferenza episcopale.
Risultati elettorali contestati
È stata anche una visita in piena campagna elettorale, con le elezioni che si sono tenute circa un mese e mezzo dopo e che sono state contrassegnate da moltissime irregolarità.
Si è trattato di una campagna elettorale segnata dalla violenza, con l’uccisione non solo di alcuni rappresentanti dell’opposizione ma anche di un osservatore locale del processo elettorale. In maniera fortuita, a causa di un incidente stradale in cui sono incorsi, sono stati scoperti gli autori di questo assassinio, vale a dire le forze speciali della polizia, spesso identificate con gli squadroni della morte che operano nel paese.
Le elezioni hanno sancito l’ampia vittoria delle forze governative: con il 73%, quando, nelle precedenti elezioni, avevano vinto col 52%. È vero che l’opposizione non ha persone preparate, non ha un progetto politico credibile e quindi, in pratica, non c’è alternativa, ma, di fatto, i risultati sono stati viziati da tante irregolarità.
Attacchi politici ai vescovi
Quindici giorni dopo le elezioni, abbiamo avuto l’incontro della Conferenza episcopale e molti si aspettavano una parola dei vescovi sulle elezioni perché il Consiglio Costituzionale, che è l’organo che dichiara i risultati ufficiali delle elezioni, aveva appena detto che questi sarebbero stati annunciati solo alla fine dell’anno.
Quando abbiamo iniziato la nostra assemblea, proprio il primo giorno, un settimanale filo-governativo ha pubblicato un vile attacco contro un vescovo di origine brasiliana la cui diocesi si trova nel nord del Mozambico in una regione segnata da un clima di forte tensione e violenza. Si tratta del vescovo di Pemba, Luiz Fernando Lisboa che, in quel contesto, è l’unico che parla e prende posizione pubblica su quanto avviene nella zona, dato che alcuni giornalisti i quali raccoglievano informazioni sono stati messi in prigione quasi a voler impedire ogni informazione.
Certamente si è trattato di un attacco contro di lui, ma lo abbiamo interpretato anche come un avviso a tutti i vescovi. Non ci siamo certo lasciati intimidire e abbiamo rilasciato un comunicato nel quale dicevamo quello che pensavamo: in un paragrafo si dice che, viste le tante irregolarità, il clima di violenza e altre forme di intimidazione, è comprensibile che l’opposizione abbia difficoltà ad accettare i risultati. Credo che, in questo, il nostro messaggio sia stato chiaro ed esplicito.