Francesco incontra i vescovi di Panama e, in un discorso intessuto dalle parole di san Romero, li esorta a «rubare» i giovani alla strada e alla cultura della morte che «vende loro fumo». Sui migranti: «Non basta la denuncia, bisogna superare paure e diffidenze».
Una Chiesa svuotata da ogni arroganza o autorità, intesa come pretesa di potere. Una Chiesa che non trova la sua forza «nell’appoggio dei potenti o della politica» ma nella «kenosis», lo svuotamento e l’umiltà. Una Chiesa «povera» perché la povertà è «madre e muro», impegnata a «rubare» i giovani dalla strada e dalla cultura della morte che vende loro solo fumo. È san Óscar Arnulfo Romero a parlare, per bocca di Papa Francesco, nella chiesa di San Francisco de Asís dove il Pontefice, al suo secondo appuntamento del viaggio a Panama per la Gmg, incontra i vescovi del Paese centroamericano.
Le parole e i pensieri dell’arcivescovo salvadoregno, brutalmente assassinato dagli squadroni della morte e canonizzato lo scorso ottobre, scandiscono tutto il lungo discorso del Papa. Quasi una piccola enciclica sul ruolo del vescovo e sul senso della presenza della Chiesa in un territorio ferito come quello dell’America Latina lacerato da violenze delle bande, narcotraffico, rapimenti e facili omicidi, in particolare delle donne.
Una Chiesa umile e povera, non arrogante
Accolto con calore dai presuli – tra cui figurano anche vescovi e cardinali di Paesi limitrofi, come Gregorio Rosa Chávez, il porporato di El Salvador che di Romero fu braccio destro -, Bergoglio sintetizza tutto in un concetto strettamente teologico, la «kenosis» di Cristo, il suo abbassarsi e farsi uomo. «Nella Chiesa Cristo vive tra di noi, e perciò essa dev’essere umile e povera, perché una Chiesa arrogante, una chiesa piena di orgoglio, una Chiesa autosufficiente non è la Chiesa della kenosis», afferma.
Così centrata la Chiesa diviene «sempre più libera», «una Chiesa che non vuole che la sua forza stia – come diceva monsignor Romero – nell’appoggio dei potenti o della politica, ma che si svincoli con nobiltà per camminare sorretta unicamente dalle braccia del Crocifisso, che è la sua vera forza», sottolinea il Pontefice.
Rubare i giovani alla strada e alla cultura della morte
Ai pastori rivela poi tutta la sua preoccupazione per i giovani del Centro America: «“Rubateli” alla strada prima che sia la cultura della morte che, “vendendo loro fumo” e soluzioni magiche, catturi e sfrutti la loro immaginazione» dice ai vescovi, esortando a «promuovere programmi e centri educativi che sappiano accompagnare, sostenere e responsabilizzare i vostri giovani». «Fatelo – aggiunge – non con paternalismo, dall’alto in basso, perché non è questo che il Signore ci chiede, ma come padri, come fratelli verso fratelli. Essi sono volto di Cristo per noi e a Cristo non arrivare dall’alto in basso, ma dal basso in alto. Sono molti i giovani che purtroppo sono stati sedotti con risposte immediate che ipotecano la vita».
In America Latina droga e femminicidi. I giovani in balia del primo truffatore
Lo denunciavano già tanti Padri durante il Sinodo di ottobre: per «costrizione o mancanza di alternative» molti ragazzi «si trovano immersi in situazioni fortemente conflittuali e senza rapida soluzione: violenza domestica, femminicidio – che piaga vive il nostro continente in questo senso! – bande armate e criminali, traffico di droga, sfruttamento sessuale di minori e non più minori, e così via».
«Fa male – sottolinea il Papa – vedere che, alla base di molte di queste situazioni, c’è un’esperienza di orfanezza frutto di una cultura e di una società che “ha rotto gli argini”. Famiglie molto spesso logorate da un sistema economico che non mette al primo posto le persone e il bene comune e che ha fatto della speculazione il suo “paradiso” dove continuare a ingrassare non importa a spese di chi. E così i nostri giovani senza il calore di una casa, senza famiglia, senza comunità, senza appartenenza, sono lasciati in balìa del primo truffatore».