La vita non un vagare senza meta,
ma un pellegrinaggio verso il Signore che viene.
Is 2, 1-5; Rm 13, 11-14a; Mt 24, 37-44
Andiamo con gioia incontro al Signore.
Per ogni cristiano l’Avvento è il tempo del risveglio, il tempo in cui riacquisire e far proprie in maniera indelebile quelle certezze che con il tempo si sono affievolite: Cristo Gesù “corre” incontro all’uomo, per dare significato alla vita.
“Il Signore viene”, questa è la nostra certezza.
Paolo afferma con forza tale convinzione: «Il giorno è vicino… la nostra salvezza è vicina» (Rm 13). Ma verrebbe da chiedersi: quanto vicina? Lo stesso Paolo infatti, era convinto dell’imminente venuta del Signore; sebbene permeato dalla certezza che il ritorno resta più importante della durata dell’attesa stessa. Non esiste allora, un’autentica vita cristiana che non sia orientata da questa certezza: la vita non è un vagare senza meta, ma un pellegrinaggio verso Dio. Il Signore, nel Vangelo, annuncia chiaramente tale verità e l’atteggiamento giusto dunque, è quello di mettersi alla sua ricerca.
La vita cristiana pertanto, riacquista tutto il suo significato primigenio. Le realtà di questo mondo sono certamente importanti, ma quelle che lo superano lo sono molto di più. Il cristiano non può limitarsi alle preoccupazioni terrene, tantomeno cedere al peccato, alle opere delle tenebre o alla carne con i suoi desideri. Vivere da cristiani significa praticare il bene nell’attesa del Signore che viene. La lotta contro le tenebre, l’egoismo, la disonestà, la sete insaziabile di ricchezze, è possibile solo se appoggiata dalla convinzione che la vita è un cammino verso Dio.
Il Figlio di Dio a questo punto, viene non solo a giudicare, ma a portare la pace. In questa logica, tutti i popoli cercano la pace, anelano a superarne i confini. L’umanità tende quindi a diventare una sola comunità, sebbene il fallimento della riconciliazione dimostri spesso che l’egoismo riesce a minare persino le migliori aspirazioni. Tutti coloro che camminano verso la luce allora, che vivono la concretezza del Vangelo, che sono non solo sono cittadini della terra ma figli di Dio, costituiscono già il Signore che viene a realizzare la pace.
Il cuore del messaggio dunque è questo: rimanere vigili e distanti dal peccato per essere pronti all’incontro con il Signore. È attraverso la vigilanza che l’uomo si fa trovare pronto alla venuta. Vigilare allora non consiste in uno stato di agitazione o nella paura della morte; non è neppure la febbrile e angosciata attesa del futuro, ma la quieta e tranquilla speranza di chi lavora giorno dopo giorno con fedeltà al Vangelo.
Possiamo pertanto pregare ogni giorno: «Padre misericordioso, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell’eterna gloria».
Giuseppe Gravante